Nell'ultimo contributo alla nostra miniserie “a November to Remember” ("un novembre da ricordare"), ArtNouvélo si approccia ad una delle essenze di questa iniziativa: come vediamo noi giovani padri la vita ? Con la bici e la corsa come metafora per l’esistenza e l’arte come forma di espressione. Ci sono momenti di gloria, onore e vittoria in cui non senti i pedali, o -quando li senti- lo sforzo è una forma di dolore gratificante e piacevole. Niente può fermarti, la strada non importa perché sei tu a decidere dove sta andando il tuo destino.
Ma ci sono anche momenti in cui non puoi fare altro che cercare di sopravvivere nel gruppo, in modo anonimo o, peggio ancora, quando devi lasciare andare gli altri. Ogni pedalata diventa una tortura, una lotta contro te stesso. Una salita senza fine, maltempo, gambe pesanti, sfortuna al momento sbagliato. Il limite di tempo oscilla come una spada di Damocle. Il dolore vuole che tu ti arrenda, ma la tua mente ti fa andare avanti, perché il giorno successivo potrebbe essere un giorno migliore. La sofferenza ora è un sacrificio da fare per il tuo benessere a lungo termine.
L’ euforia e la miseria, tra questi due estremi oscilliamo durante le nostre vite, una carriera, una corsa. Spesso li incontri entrambi nella stessa gara. Lo stesso gruppo di corridori che scrive storie diverse durante una tappa.
Nelle nostre prime storie ci siamo riferiti a ciclisti come Frank VDB, Marco Pantani o José Maria Jimenez: erano punti di riferimento e gli idoli della nostra adolescenza. Hanno guadagnato fortune e sono arrivati in cima. La strada verso la gloria non è sempre stata una passeggiata nel parco per loro, ma una volta raggiunta l'altezza, stranamente non sono stati in grado di far fronte alla fama e allo status che stavano cercando. Hanno lasciato questa esistenza e noi fan con il retrogusto amaro che avrebbero potuto fare di più. Un'amarezza che copriamo con la dolcezza dei loro momenti gloriosi che riavvolgiamo regolarmente quando incontriamo altri ciclisti.
Erano in un certo senso e senza aprire dibattiti e dettagli, persone adulte che hanno preso decisioni sbagliate che hanno cambiato il corso del loro destino.
In questo articolo però vogliamo dedicare del tempo a quei ciclisti che non hanno avuto il lusso di tempo per prendere tali decisioni. Un ciclista che cade, proverà sempre di riflesso ad alzarsi e continuare la corsa. Alcuni ciclisti non hanno più la possibilità di alzarsi e proseguire. La storia e i paragrafi successivi sono per loro.
Questa è la storia di Giovanni Ianelli. Una storia che era appena iniziata. Ci sono tutti gli ingredienti per una bella storia, una bella carriera, bei momenti in bicicletta e scelte che avrebbero trasformato un giovane in un uomo adulto che trova la propria strada di vita. Una storia e una vita a cui non diremmo di no per i nostri figli.
Purtroppo possiamo raccontarne solo il primo capitolo. I capitoli successivi dovevano ancora essere scritti. Una storia che inevitabilmente ci lascia anche con l'amaro in bocca. Non si tratta di un super talento irraggiungibile, ma di un ragazzo normale, allegro, socievole e forte. Qualcuno che amava il “pavé”, che era determinato fin dalla tenera età, e non aveva paura del maltempo o delle strade sconnesse. Un “flandrien” dall'Italia. Un ragazzo della casa accanto con il quale simpatizzi, perché senti che è reciproco, anche se ti conosci solo dal fugace saluto quotidiano o dalla breve chiacchierata.
Di solito non associ l'amore per il “pavé” a un junior italiano, come i ciottoli lo sono per i ragazzi dei paesi del nord Europa. Quindi, ogni volta che troviamo o vediamo quell'amore in un bambino mediterraneo, automaticamente ci piace un pò di più rispetto ai suoi uomini di terra che non amano le gare come Parigi-Roubaix o il Tour delle Fiandre.
Non conosciuto al di fuori dei confini d’Italia e del mondo del ciclismo, Giovanni Ianelli é un giovane ciclista italiano morto alla fine del 2019 nella finale di una gara da qualche parte in Piemonte. Più precisamente in provincia di Alessandria, durante l'87 ° edizione del "Circuito Molinese" nel paese di Molino dei Torti. Un villaggio di meno di 800 abitanti. Dove, al di fuori di quella gara, praticamente non succede proprio niente ogni anno. Fino a quel giorno di ottobre 2019. Di nuovo una gara. Uno sprint, un muro, un ragazzo lo colpisce. Due giorni dopo il vuoto, il grande dolore.
Se solo dopo quel giorno ci fosse di nuovo "proprio niente" nel villaggio di Molino die Torti. Ma è finita. C'è una cicatrice per sempre adesso. Il triste vuoto, versione paralizzante dello stesso "proprio niente".
Stiamo guardando una foto di una squadra giovanile italiana di 6 persone. Sono orgogliosi di indossare l’azzurro.
Nessuna interruzione di stile o ragazzi che indossano pezzi che non corrispondono e vengono indossati rapidamente prima di fare una foto di gruppo. Vediamo un ragazzo alto e robusto. Filippo Ganna. Nel frattempo una star mondiale. Vediamo un altro ragazzo, il secondo da destra, dall'aria un pò birichina, che guarda nel pubblico. Quindi questo è Giovanni Ianelli. Non male, se ti trovi accanto al futuro campione del mondo a cronometro.
Ci sono momenti in cui ti trovi sul palco accanto ad altri e stai condividendo tutti lo stesso momento. Il destino e la vita ti hanno riunito nello stesso punto Pensi: da ora, le nostre vite andranno in parallelo. Purtroppo nella maggior parte dei casi non funziona così, e il destino ha scenari diversi in petto per i protagonisti dello stesso momento. Non deve essere sempre così estremo come nel caso di Filippo Ganna e Giovanni Ianelli, ma purtroppo il destino qui si è mostrato nella sua parte più crudele.
Giovanni è cresciuto a Prato, in Toscana, non lontano da Firenze. Tutto qui respira ciclismo e arte. Il ciclismo ne faceva parte sin dalla tenera età. La bicicletta come sbocco, come rifugio. Gli piacevano il pavé e il maltempo, la Roubaix era la sua corsa da sogno. Ha avuto la possibilità di parteciparci ma problemi meccanici gli hanno impedito di fare la gara che aveva in mente. Ma è entrato nel famoso velodromo di Roubaix e ha realizzato qualcosa che nessuno gli avrebbe mai tolto. In questo momento ha dimostrato di avere il carattere per seguire le tracce di campioni italiani come Ballerini, Tafi, o piu recenti, Trentin e Oss. Uomini che possono cambiare una marcia di piu, quando gli altri guardano principalmente all'indietro, sperando di trovare un gruppo in cui nascondersi contro il vento.
Ma Ianelli era più di un semplice ragazzo che sapeva andare in bicicletta velocemente. Ha combinato le corse con i suoi studi in economia. Stava insieme da molti anni con una bellezza italiana come la conosciamo dalle riviste di moda. Era molto vicino alle sue sorelle. Quindi non stavamo esagerando quando abbiamo menzionato nell'introduzione che avremmo augurato ai nostri figli un tale stile di vita.
Pensiamo al giovane belga Stef Loos. Chiedete a Remco Evenepoel chi è Stef. Chiedete anche come Stef e pochi altri sono usciti dalla pista ufficiale, e perche proprio Stef è stato lo sfortunato che ha colpito quel furgone bianco con le conseguenze fatali.
O più vicino ai riflettori della stampa internazionale perché è successo ai massimi livelli : Bjorg Lambrecht. Un certo Egan Bernal in lacrime, proprio come tanti altri. Perché uscito di strada proprio lì, perché solo lì un piccolo fossato con un muro di cemento, nessuna protezione?
Domande. A volte otteniamo risposte, purtroppo a volte anche scusa dei responsabili. Perché? Cosa c’é da perdere? La perdita più grande è già avvenuta, ogni volta che dobbiamo rimuovere un numero dorsale che non torna più.
ArtNouvélo non intende far sparire nessuno; continuiamo a commemorare regolarmente i nostri eroi.
Tramite testo e immagine. Questo è ciò che possiamo e il minimo che possiamo fare per Giovanni, Bjorg, Stef e altri, che sono rimasti indietro. Il carro scopa della misericordia. Forse un giorno lo trasformeremo in un'opera d'arte. Riposate in pace, ragazzi, per noi siete tra tutti i grandi che il mondo del ciclismo ha prodotto.
Abbiamo avuto l'onore di scrivere e persino di parlare con la famiglia di Giovanni e Stef. Una strana sensazione. In realtà, preferisci che non ci siano opere d'arte o contatti. Perché ciò significherebbe che continuano a girare in bicicletta. Che sono ragazzi delle pagine sportive del giornale e della TV, lontani ma vivi. Ma sfortunatamente è andata diversamente. Supportiamo loro e le loro famiglie nel pensiero e attraverso le nostre interpretazioni artistiche.
Dai ragazzi, pedalate in pace, il velodromo è il vostro palcoscenico. Dove i sogni diventano realtà e i ricordi girano per sempre. Non avete paura del vento, le vostre ali vi porteranno. Le lacrime di dolore alla fine si trasformeranno in lacrime di gioia. Perché un ciclista non si ferma mai. Il gruppo conosce solo una direzione: avanti. Anche quando le gambe ora stanno urlando di fermarsi. Mai mollare.